Leve che girano in tondo - Cacciavite
Cosa osservare, cosa fare
a) Forma e funzionamento
Un manico cilindrico sul cui asse è innestato uno stelo che termina con una punta appiattita.
Tranne per il fatto che il diametro del manico è sempre maggiore delle dimensioni trasversali degli altri elementi, le dimensioni - lunghezze, spessori - cambiano secondo l’uso specifico previsto. Qui esamineremo un comune cacciavite per viti da legno.
b) Forze
Manico: grazie all’attrito la mano che lo afferra esercita sulla sua superficie laterale forze tangenziali che si trasferiscono allo stelo e alla punta.
Punta: inserita nel taglio della testa della vite, esercita le forze che trasmettono alla vite il moto rotatorio.
Vite: la testa interagisce con il cacciavite, il gambo con il materiale in cui viene avvitata.
c) Misure
Sul cacciavite: il diametro del manico e l’ampiezza trasversale ab della punta
Sulla vite: le lunghezze del taglio a'b' e del passo p.
d) Calcoli
- il rapporto tra la forza applicata al manico del cacciavite e la forza trasmessa alla vite;
- l’ordine di grandezza del rapporto tra la forza applicata al manico e la forza d’attrito tra la vite e il legno.
- la relazione tra i lavori compiuti dalle forze agenti
L’analisi delle forze presenta un piccolo problema comune a molti dispositivi rotanti. Le forze applicate al manico dall’operatore sono distribuite su tutti i punti di contatto tra il manico e la mano. La loro intensità dipende da quanto fortemente la mano stringe il manico, determinando la forza d’attrito che impedisce lo slittamento reciproco. La figura mostra che non ha senso cercarne la risultante perché per ogni forza diretta in un verso ce n’è una di uguale intensità diretta in verso opposto: la risultante vale zero. Ma l’effetto rotatorio è ben diverso da zero!
Questa situazione fisica si schematizza tracciando una coppia di forze cioè due sole forze F e -F di verso opposto e d’intensità tale da produrre lo stesso effetto rotatorio dell’insieme di forze effettivamente esercitate. F e -F devono essere applicate in due punti diametralmente opposti del manico, comunque scelti. Il momento della coppia di forze, che è la misura del suo potere rotatorio, si calcola moltiplicando l’intensità F per il braccio b che è la distanza tra le loro rette d’azione (nel nostro caso il diametro del manico).
Poiché la risultante della coppia di forze è nulla, il centro C della rotazione non è sottoposto a sollecitazioni (e il cacciavite si mantiene in asse con la vite).
Applichiamo gli stessi concetti al taglio della vite, lungo a'b'. Se la punta del cacciavite poggia sulle pareti del taglio lungo tutta la loro lunghezza la forza esercitata risulta distribuita lungo tutto il taglio. Possiamo rappresentarne l’effetto complessivo con due sole forze F' e -F' applicate nei punti a' e b' agli estremi del taglio. Queste due forze hanno lo stesso potere rotatorio delle forze F applicate al manico perciò vale l’uguaglianza
F × PQ = F' × a'b'.
Nel nostro esempio a'b'= 1/3 PQ. Ne consegue che le intensità delle forze F' applicate alla testa della vite (a cui corrispondono reazioni di uguale intensità e di verso opposto applicate al cacciavite) sono F′ = 3 F.
Consideriamo ora i lavori compiuti dalle forze F e F'. A ogni giro i loro punti di applicazione si spostano lungo la circonferenza a cui esse sono tangenti. Al manico le forze e gli spostamenti sono equiversi: F e -F compiono entrambe lavoro motore, il cui valore complessivo si trova sommando i due lavori.
Lavoro al manico = 2 × F × (circonferenza di diametro PQ) = 2 π F × PQ
Anche le forze esercitate dalla punta del cacciavite sul taglio della vite compiono lavoro motore:
Lavoro motore sulla vite = 2 × F' × (circonferenza di diametro a'b') = 2 π F′× a'b'
A questo corrisponde il lavoro resistente di ugual valore ma di segno opposto compiuto dalle forze esercitate dalla vite sulla punta:
Lavoro resistente sulla punta = -2 × F' × (circonferenza di diametro a'b') = -2 π F' × a'b'
Poiché a'b' = 1/3 PQ e F' = 3 F il lavoro alla punta è numericamente uguale al lavoro al manico.
A ogni giro la vite avanza nel legno di una distanza pari al suo passo. La penetrazione è ostacolata dalla resistenza del legno al taglio e dalla forza d’attrito lungo la superficie di contatto tra il filetto della vite e il legno. Dal lavoro resistente e dal passo possiamo trovare l’intensità della componente verticale di tali forze:
Resistenza del legno (in verticale) = Lavoro / passo
Dalla lunghezza di un giro di filetto possiamo trovare l’intensità della forza resistente tangenziale, parallela al filetto stesso, presumibilmente dovuta in gran parte all’attrito:
Resistenza tangenziale del legno (lungo il filetto) = Lavoro / lunghezza del filetto
Questa forza è importante perché si oppone allo svitarsi della vite una volta avvitata.
Nota: ad evitare che l’intensità delle forze agli estremi della punta del cacciavite sia troppo elevata è opportuno che
1) la larghezza ab della punta non sia minore della lunghezza a'b' del taglio
2) lo spessore alla punta non sia minore della larghezza del taglio: in caso contrario la forza esercitata invece di essere distribuita lungo il segmento ab sarebbe concentrata ai suoi estremi.