Principio della misura L'idea dell'esperimento
con i LED è la seguente: si fa passare attraverso la giunzione
una corrente diretta (elettroni dalla zona drogata N alla zona drogata
P e lacune nel verso opposto): gli elettroni ricombinandosi radiativamente
colle lacune in vicinanza della giunzione producono fotoni di energia
hn prossima al valore dell'energy
gap (intervallo di energie proibite fra la banda di valenza e quella
di conduzione) del materiale di cui è fatta la giunzione. (hn = eVdiodo + cost) fra la frequenza della
radiazione emessa e la tensione diretta Vdiodo di "accensione"
del LED.
Si può notare
che questo "ginocchio" della caratteristica diretta è
mal definito perchè varia significativamente colla scelta della
parte della caratteristica che si interpola linearmente. Questo modo di
procedere è quindi piuttosto arbitrario e non può portare
che ad una stima dell'ordine di grandezza di h/e. eVd = hn + Q (1), cioè il lavoro
fatto dal campo esterno (eVd) va in parte in energia
del fotone (hn) ed eventualmente anche
in energia (Q) dissipata in altri modi all'interno del reticolo cristallino
(calore, cioè transizioni non radiative). Conviene precisare che
con Vd indichiamo la d.d.p. effettivamente applicata alla giunzione
PN e quindi, se Rs è la resistenza elettrica dei pezzetti
di semiconduttore di cui è fatto il LED ed Id la corrente
che lo attraversa, avremo Vd = Vdiodo - Rs
Id . In conclusione si misurano le tensioni dirette di vari LED che conducano tutti la stessa corrente, per esempio 10 mA, e ci si aspetta, nei limiti in cui vale l'ipotesi di uguale valore di Q, che queste siano legate alla frequenza n dei fotoni emessi dalla equazione di una retta n = (e/h ) Vd + cost (1') con un valore della pendenza pari ad e/h ed una intercetta negativa o nulla.
[1] M. A. Karim ,
Electro-Optical Devices and Systems PWS-KENT Publishing Company, pag 126
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