Una
misura di accelerazione è per definizione una
misura della variazione istantanea di velocità, e
quindi, se derivata da misure di diverse posizioni di un
oggetto nel tempo, richiederebbe tre distinte misure di posizioni
in tre istanti molto vicini: dalle prime due per differenza
si ricava la velocità iniziale, dalle ultime due la
velocità finale, e per differenza tra queste la variazione
di velocità.
Dividendo per l’intervallo di tempo che separa i punti
medi dei due intervalli tra le tre misure si ottiene la accelerazione.
Questo è ciò che si fa quando di usa ad esempio
un sonar per registrare il moto di un oggetto: la derivata
seconda della funzione X(t) che
descrive la posizione nel tempo fornisce la accelerazione a(t).
C’è tuttavia un altro modo per misurare indirettamente
l’accelerazione, usando un sensore che misuri la forza
esercitata su una massa, tenuta da un supporto flessibile
quando il supporto (solidale all’oggetto di cui si
vuole misurare l’accelerazione) viene accelerato.
Per effetto della sua inerzia la massa flette il supporto
con una forza proporzionale alla accelerazione impressa,
e ciò trasforma il sensore di forza in un sensore
di accelerazione.
Il sensore di forza può essere un estensimetro o
una capacità variabile costituita da un elettrodo
mobile posto tra due armature fisse: in questo secondo caso
la misura di accelerazione si riduce ad una misura di variazione
di capacità.
Su questo secondo metodo si basano gli accelerometri
integrati in un chip prodotti dalla Analog Devices (ADXL05
e ADXL50) che si distinguono solo per il fondo scala (rispettivamente
5 g e 50g)
Per approfondimenti sul principio di funzionamento vedi
le note tecniche dell'accelerometro
Vernier:
>> L' accelerometro Vernier Con
questo tipo di sensore funzionano gli “Air-Bag” nelle
nostre automobili.
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