Sensori di Campo Magnetico

I misuratori di campo magnetico tradizionali si basano sull’induzione: una bobina viene mossa (ruotata o fatta vibrare) in modo che il flusso F del campo magnetico B attraverso la bobina venga modulato, e la tensione indotta, proporzionale a F/t e quindi anche a B, viene rettificata e resa disponibile come segnale in uscita. Questo tipo di sonde presenta molti limiti: ingombro, basso rapporto segnale/rumore, complessità d’uso...

Sensori molto più semplici e compatti sono i magnetoresistori: che sono costituiti da materiale la cui resistività dipende fortemente dall’intensità del campo magnetico. La sensibilità delle magnetoresistenze è definita dal rapporto tra il valore ohmico in presenza di campo (RB) e valore ohmico in assenza di campo (R0): tipicamente si ha sB=RB/R010 (con B=1Tesla); sB ha un coefficiente di temperatura negativo (qualche % per grado) e si tratta di sensori poco lineari.

 

Sensori ad effetto Hall

I sensori più versatili, con grande sensibilità e capacità di determinare anche la direzione del campo magnetico, sono quelli che sfruttano l’effetto Hall in un cristallo semiconduttore.

L’effetto Hall è schematicamente il seguente: in un semiconduttore di forma parallelepipeda, in un campo magnetico uniforme B diretto secondo l’asse z, si fa passare una corrente elettrica di intensità Ix secondo l’asse x.

Gli elettroni acquistano una velocità di deriva vd = m Ex nel campo elettrico Ex, e sono quindi soggetti alla forza di Lorentz FL = q vd B, che agisce nel verso delle y negative.

Essi quindi quindi tendono ad accumularsi sulla faccia del semiconduttore perpendicolare all’asse y.

Questo accumulo di cariche porta alla formazione di una differenza di potenziale VH fra le due facce del campione perpendicolari all’asse y, (e quindi di un campo elettrico EH tale che la forza elettrica qEH sia uguale ed opposta alla forza di Lorentz, cioè EH = µEx B.

Ricordando le definizioni di campo elettrico, di resistività r e la legge di Ohm, si ottengono le relazioni

VH = EH/b, Ex = Vx/l = RIx/l, R = r(l/bc),

che forniscono VH = µ(r/c)IxB.
Si vede quindi che la tensione di Hall è proporzionale al campo magnetico, e alla densità di corrente, tramite un coefficiente che include la mobilità dei portatori di carica µ, la resistività r e lo spessore del campione c.

Per campioni molto sottili, e con elevata resistività (semiconduttori: InAs, InSb, GaAs) si possono ottenere grandi valori di sensibilità s=VH/B. E’ importante polarizzare il sensore a corrente costante (con correnti dell’ordine di qualche µA) ma anche stabilizzarne accuratamente la temperatura perchè in generale µ, ma soprattutto r, dipendono da T e quindi questi sensori sono soggetti a notevole deriva termica (–0.1%/°C). Inoltre, se la polarizzazione è riferita a massa, la tensione VH va misurata tramite un amplificatore differenziale.
La linearità è discreta per bassi valori del campo (0.2 % per B < 0.5 T) e la sensibilità è dell’ordine di 0.1 V/T.

Esistono in commercio anche sensori lineari completi di stabilizzatore della corrente di polarizzazione e di amplificatore della tensione di Hall già integrati nel chip con sensibilità dell’ordine di 10 V/T.

Il sensore di campo magnetico Vernier contiene un microchip della Honeywell-Microswitch (SS94A1) e ha un campo utile di circa 100 Gauss (10 µT).